Buon 25 aprile.
Il sole era già alto quella mattina e brillava come non mai nel cielo azzurro e terso.
Il Sacro Monte, sotto quei raggi vividi, aveva un che di magico.
Eppure era sempre lì, al suo posto.
Lo vedeva ogni mattina, appena sveglia; il suo sguardo lo raggiungeva come fosse un inconscio appuntamento con un innamorato.
Le piaceva cominciare la giornata con questa visione: brillante con il sole, sferzato dalla pioggia o incappucciato dalla nebbia, le dava un senso di stabilità, quasi di protezione, sensazioni importanti per cominciare la giornata, la vita di tutti i giorni.
Questo sempre, ma era diventato quasi una necessità in questo periodo storico.
Era tempo di guerra.
E quella mattina, di buon’ora, stava spazzando fuori l’ingresso di casa, come d’abitudine, senza energia, a scatti, come quando si fa qualcosa automaticamente, senza pensare, quando, all’improvviso, una topolino grigia tutta sgangherata, arriva sferragliando.
Rallenta, frena e, dall’interno, qualcuno grida a squarciagola:
- Nonna, nonna la guerra è finita, finitaaaaaaaaa!-
Dalla stradina di fronte, una vecchietta senza età, le spalle avvolte in uno scialle consunto,camminava lentamente forse per andare in chiesa.
Il rintocco delle campane aveva appena annunciato che era l’ora di messa.
Viveva sola da quando il figlio era partito per il fronte e tirava notte nell’attesa di qualche notizia.
Nessuno la sentiva mai parlare.
In quel momento, però, tirò fuori la voce tenuta dentro per troppo tempo e, esultante, cominciò a gridare, impazzita di gioia.
La ragazza lanciò in aria la scopa e tentò di raggiungere la topolino per sincerarsi che non fosse uno scherzo.
La notizia inaspettata dilagò in un baleno: tutti, usciti dalle case, invadevano le strade, scendendo dalla Motta, verso il comune e il centro del paese.
Induno era un pullulare di gente impazzita: chi rideva, chi gridava, chi si abbracciava, chi saltava e chi piangeva.
L’entusiasmo cresceva senza freni, la paura, i sacrifici, i dolori sembravano svanire alleggerendo il peso che da anni, incurvava le spalle in una gobba di affanni.
Lei era giovane e la felicità del momento spingeva le sue gambe ardite.
Raggiunse la piazza di Induno, che non aveva più fiato…
Era vero: gli americani erano sbarcati in Sicilia…
Era svanita ogni tristezza.
Piano piano sentiva la tensione sciogliersi, mentre dolci lacrimoni inumidivano le sue gote rosee.
Finita, la guerra era finita, presto il suo amore sarebbe ritornato da lei.
Non fu così, ma ancora oggi, e sono passati più di settant'anni, quando pulisce la strada, davanti all'uscio di casa, si ferma, appoggia per un attimo la scopa, talvolta le sembra di rivedere la vecchia topolino grigia e alza lo sguardo al Sacromonte, ripensa a quel 25 aprile lontano e resta in attesa di qualche buona notizia.
Piera Malnati